Aggiornato al 14 Settembre 2024

No a immigrazioni di massa, le reazioni nel Vco

l voto referendario svizzero, che con il 50,3% dei favorevoli (in Ticino oltre il 68 per cento) ha sancito la volontà d’avvio di una nuova politica di contingentamento del numero degli stranieri presenti sul territorio elvetico, preoccupa i lavoratori frontalieri. Per il Consigliere regionale della Lega Nord Michele Marinello il voto è anche figlio di una “politica lassista e inconcludente nei rapporti con la Svizzera da parte del Governo italiano. Ora l’auspicio è che il Governo agisca subito a tutela dei sessantamila lavoratori frontalieri, nostri connazionali, come i territori fanno già da molto tempo. E convocare un tavolo tra Roma e il governo elvetico è il primo necessario passo”.
 “Si tratta indubbiamente di un segnale negativo – dichiara il parlamentate Pd, Enrico Borghi – che peraltro per gli Svizzeri rischia di trasformarsi nel più classico degli autogol. Ci sono comparti economici in Ticino (penso alla sanità o all’edilizia) che senza Italiani chiuderebbero domattina. Peraltro, l’applicazione giuridica del referendum è complicatissima perché comporta un’espressione del Parlamento elvetico e una rinegoziazione di tutti i trattati con la Ue, cosa che comporta profili di difficoltà rilevante. Un dato comunque è chiaro: a questo punto nel negoziato Italia-Svizzera saremo ancora più guardinghi e serrati a tutela dei nostri lavoratori frontalieri e dei nostri comuni di confine” .
“Questo referendum – afferma Aldo Reschigna, presidente del gruppo Pd in Regione Piemonte – ci dice anche che in questi anni, si è allentato il rapporto tra le realtà transfrontaliere e proprio perché per noi si tratta di rapporti vitali, occorre riprendere al più presto i contatti tra le realtà italiane, il Canton Ticino e il Canton Vallese. Insomma, è necessario riprendere al più presto il dialogo”.

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