Aggiornato al 16 Aprile 2024

Framiva metalli fallita. Sindacati in ansia per la sorte di 40 lavoratori

Doccia fredda per i circa 40 dipendenti della Framiva metalli di Beura Cardezza. Martedì 13 aprile il tribunale di Busto Arsizio ha messo la parola fine sull’azienda che ha la propria sede legale a Besnate, in provincia di Varese, oltre ad uno stabilimento “gemello” di quello ossolano che si trova a Bazzano, in provincia de L’Aquila, in Abruzzo. Il giudice del tribunale di Busto Arsizio ha infatti deciso, «dopo un’attenta valutazione», spiegano i sindacalisti Michele Calò della Uilm Uil e Marco Cristina della Fiom Cgil, di dichiarare il fallimento dell’azienda. Una prima dichiarazione di fallimento era già arrivata il 24 luglio del 2020; la proprietà tentò però la strada del ricorso presso la Corte di Appello di Milano e ottenne una revoca condizionata del provvedimento. Nella sentenza c’era la disposizione al tribunale di Busto Arsizio di valutare le eventuali condizioni di ammissibilità al Concordato preventivo presentato dall’azienda qualche giorno prima della sentenza fallimentare; il tribunale di Busto Arsizio, però, ha ritenuto inammissibile la domanda di concordato e si è tornati alla situazione di partenza. Per i circa 40 lavoratori rimasti nella ditta di Beura Cardezza si spalanca un nuovo abisso. Un anno fa erano circa 120 i dipendenti dell’azienda, di cui una cinquantina (44 più alcuni dirigenti) impiegati nello stabilimento ossolano (il resto era in Abruzzo e nella sede di Besnate). Per tutti loro il 25 luglio dello scorso anno era partita la cassa integrazione straordinaria che scadrà però a luglio 2021; l’assegno di ricollocamento e le politiche attive hanno aiutato una decina di loro a trovare un nuovo sbocco occupazionale, anche se la crisi economica dovuta al Covid ha reso complicato a tutti trovare un nuovo impiego. Sono stati infatti pochi i lavoratori che sfruttando anche alcune agevolazioni fiscali previste per i lavoratori delle aziende in crisi, hanno trovato contratti altrove. Per tutti gli altri a luglio, se non interverranno novità, scatterà il licenziamento. «L’unica via d’uscita – spiega Cristina della Fiom – è che il curatore fallimentare Giovanni Cremona, che già aveva seguito ottimamente la vicenda lo scorso anno insieme a noi, velocizzi il più possibile le pratiche per mandare all’asta l’azienda; in quel caso ci potrebbero essere degli imprenditori disponibili a rilevare il ramo d’azienda. In passato c’erano state delle aziende che si erano fatte vive e potrebbero essere ancora interessate: al momento questo è l’unico spiraglio. Speriamo di arrivare ad un veloce bando pubblico per la messa all’asta dell’azienda e di trovare in fretta un compratore».

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