Aggiornato al 27 Luglio 2024

La mafia è una cultura da estirpare ovunque

In questi giorni una parte degli italiani è indignata, scontenta, offesa, mentre un’altra parte è sollevata, contenta, appagata. Non parlo delle vacanze, di chi ci andrà o non ci andrà. Del resto, televisioni e giornali non parlano d’altro. Messaggi a reti unificate, talk-show, ecc. Chi non ha visto almeno 10 minuti di notiziari per sapere cosa succederà adesso? Come sempre facciamo dipendere la nostra vita, il nostro destino, dalle decisioni di altri, dalle vicende della vita di altri. Ma io che ci posso fare? Ho sempre pensato che fare il politico in Italia, significasse prendere mazzette, bustarelle, fare “favori” ad “amici” o “amici degli amici”. Quando dico sempre intendo più o meno dalle elementari, ora ho 50 anni e continuo a pensarla allo stesso modo. Ieri mi sono imbattuto in rete in un Pdf dal titolo Le origini della Mafia di tale Nisio Palmieri. Un interessantissimo compendio in cui si fa più volte cenno allo storico contemporaneo prof. Giuseppe Carlo Marino. Invito a leggere le sue opere o in alternativa cercate su youtube, ci sono dei video con interviste rilasciate da lui. Ma anche il testo del Palmieri, seppur più breve, e limitato, come dal titolo, alle origini della mafia (non analizza i giorni nostri), risulta essere un ottimo documento che certifica uno spaccato della cultura dell’italiano medio. In effetti tratta esclusivamente l’argomento “mafia”, ma, a partire dal periodo dei primi del ‘900 illustra come il fenomeno, dalla Sicilia, si sia addentrato nella politica. Emblematico come, con Giolitti, si faccia riferimento ad uno Stato Italiano che finge di ignorare questo fenomeno, mentre in realtà ne entra a far parte, con i primi esponenti mafiosi eletti in parlamento, e le prime leggi promulgate a favore di un certo sistema. Diversi esempi di come la mafia del tempo, elargendo favori e denaro, ottenesse approvati provvedimenti a proprio vantaggio. Come detto precedentemente, non vengono analizzati gli anni a partire dal 1960-70 ad oggi, anche se si parla già di fenomeno mafia che si infiltra nel tessuto sociale dell’Italia, non solo della Sicilia, già a partire dal secondo dopoguerra. Riflettendo su questo, mi sono reso conto del fatto che siamo tutti mafiosi. Pensateci. Il sistema mafia ha prosperato grazie all’omertà, grazie a favori ad amici in cambio di favori, grazie a personaggi collocati nei “posti che contano” per ottenere favori in cambio di favori. Qualcuno si sente escluso in assoluto da questi atteggiamenti? Qualcuno può dire che nell’arco della propria vita non ha mai taciuto riguardo a qualche fatto a lui noto? Che so, un assunzione non proprio regolare, un episodio non proprio lecito accaduto sotto i suoi occhi? Qualcuno può affermare di non aver mai ricevuto favori di alcun tipo? Riguardo il lavoro, la propria professione? Qualcuno può dire che non ha mai cercato “la spintarella” per avvantaggiarsi nella vita? No? Mai? Si potrebbe obiettare che la mafia usa però sistemi violenti, mentre noi non siamo mica criminali. “Mica lo posso denunciare, se no chissà cosa mi succede.” E’ una frase che si sente spesso. Non sono nemmeno più necessarie le minacce. Si ha paura a prescindere. Di solito la mafia arrivava solo in casi estremi a far uso della violenza, il più delle volte si fermava alle minacce, ed erano sufficienti. Insomma, la mafia non è solo stragi. Non è solo boss latitanti. Non è solo estorsione o traffico di stupefacenti. La mafia è anche un modo di vivere e di agire. Se per fare ottenere quell’impiego statale a mio figlio prometto gratitudine al tal funzionario che “agevola” l’iter della domanda di assunzione, se taccio sul collega un pò fannullone “coprendolo” così poi lui coprirà me quando ne avrò bisogno, se faccio i lampeggianti per avvisare che c’è un posto di blocco, se… se… se… non è forse mafia? L’imprenditore che assume in nero e l’operaio che non denuncia. La prestazione di un professionista non fatturata per abbassare la parcella, la tal pratica amministrativa che si velocizza portando un “regalino” all’amico. Potrei andare avanti all’infinito a fare esempi di questo tipo. Eh ma questa è l’Itala. Appunto! Siamo arrivati a considerare “normali” degli atteggiamenti che, ragionandoci, normali non lo sono. Si arriva così, a livelli più alti, in cui è necessario fare carriera politica per crearsi leggi su misura, pagando per ottenere i voti necessari, e magari neanche con il denaro si deve risarcire per i voti, ma con un decreto che favorisca qualcuno. Siamo tutti mafiosi, insomma, e non ne usciremo, a meno che non smettiamo di esserlo.
Aldo Livolsi
Movimento 5 Stelle – Domo

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