Aggiornato al 10 Novembre 2024

Famiglie siriane dagli scafisti al Verbano

Tre famiglie di migranti: 5 bambini (di cui uno di circa un anno) e 7 adulti sono giunte oggi verso le 16.30 all’istituto Maria Ausiliatrice ad Antoliva, al confine tra Arizzano e Verbania. Il luogo già ospita alcune decine di migranti, in particolare africani, che hanno chiesto lo status di rifugiati politici. Ancora una volta il personale del Consorzio dei servizi sociali e dell’Asl Vco, assieme a volontari, si sono presi carico dei profughi, scortati dalla polizia dal Torinese sino al Verbano. Le famiglie di siriani erano sbarcate ieri a Salerno, recuperate dalle navi italiane nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum, su una delle molte barche della speranza e della morte.

Il racconto di Wail, uno dei capifamiglia, è pieno di amarezza e frustrazione. Viveva nel nord della Siria, vicino alla Turchia. Ha fatto l’autista di bus turistici e il pasticciere, in passato a casa sua ha ospitato profughi dall’Iraq e dal Libano, quando i due paesi erano in guerra. Ma circa un anno fa non ce l’ha fatta più di fronte all’orrore dello scontro in atto nel suo Paese, dove racconta si può essere uccisi senza un motivo. Grazie alla sorella medico è riuscito a ottenere il permesso di andare in Turchia per farsi operare (“nessuno può lasciare la Siria”, spiega), ma una volta superato il confine non ha più fatto ritorno e ha iniziato con la famiglia un peregrinare che lo ha portato in Egitto e in Libia.

Nel secondo Paese ha qualche parente, e si è sistemato per un po’, ma a Bengasi – racconta – girano tutti armati, le bande comandano, si rischiano la borsa e la vita ogni giorno. E allora basta andare con 1.800 dollari per persona in un ufficio. E’ un’agenzia di viaggi un po’ particolare: un’agenzia di scafisti. Racconta Wail: “Ci hanno premuti come bestie sulla barca. Volevamo scendere e ci picchiavano per restare su. Poi due giorni in mezzo al Mediterraneo prima di essere recuperati dalle navi italiane”.

“Quando siamo arrivati in Europa ci siamo sentiti per la prima volta trattati come esseri umani. In Siria non voglio più tornare”. Guarda la cartina geografica affissa alle pareti dell’istituto e chiede dov’è la Germania. Vuole arrivare là. Una storia tra le tante della “Terza guerra mondiale”.

RIPRODUZIONE RISERVATA ANCHE AI FINI DELLA AI

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