Il professore verbanese ed ex insegnate all’istituto Santa Maria di Pallanza, Franco Ressico, ha pubblicato lo scorso anno il libro “Carlo Cadorna, uno statista del risorgimento con e oltre Cavour” presso l’editoria romana BastogiLibri. In questa intervista l’autore racconta la genesi del libro e la vita politica dell’avvocato Cadorna, oltre il suo forte legame affettivo con la città di origine: Pallanza. Professor Ressico, da dove nasce l’idea di scrivere un libro su Carlo Cadorna?
«Molti anni prima un mio vecchio professore conosceva il mio legame con la famiglia Cadorna e mi chiese di fargli avere alcuni documenti perché voleva valorizzarne la sua figura. Glieli feci avere ma poi sfortunatamente non poté utilizzarli, a causa della prematura scomparsa nel 1961. Nel 2019 sono andato alla presentazione del colonnello Carlo Cadorna, il quale aveva scritto un libro dedicato a suo nonno Luigi, ed a quel punto ho deciso di riprendere in mano quegli appunti per dare risalto alla prima figura storica dei Cadorna ed al suo importante contributo all’Italia del Risorgimento. Dopo la lettura da parte dello stesso colonnello Cadorna, ha insistito molto per la sua pubblicazione e tramite il presidente del Centro Studi Giolittiano lo abbiamo reso possibile».
Che politico è stato Cadorna e qual era il suo rapporto con Pallanza?
«Lo definirei un politico democratico. Ha cominciato con la sinistra, mantenendo un’attenzione verso i più deboli, per poi spostarsi verso il centro sinistra con Cavour e finendo poi nella destra storica. Un personaggio dal forte carattere giuridico e che è riuscito a mettere insieme opposte ed annose situazioni politiche, tanto che veniva spesso interpellato nel ruolo di mediatore. Mentre nei confronti della sua città ne ha sempre conservato un forte legame affettivo, sia in veste di avvocato che in ruoli amministrativi civici. Anche quando era lontano, si è interessato sulla costruzione della ferrovia da Novara fino alla Svizzera e su un sistema di comunicazione costiera adeguato dei nostri battelli. Infine durante i periodi di ferie, cercava sempre di ritornare nella sua città Natale per trascorrere momenti di tranquillità».
Può raccontarci quale fu il suo rapporto con il conte di Cavour e la sua posizione di contrasto verso il ruolo temporale della Chiesa?
«Con Cavour ha fatto suo il principio che Stato e Chiesa fossero due organizzazioni paritarie ma distinte. In questa sua posizione si è scontrato a livello dialettico, fino alla sua morte, con i gesuiti e la comunità cattolica. Cavour riteneva che Cadorna fosse una persona molto disponibile, dal carattere dolce e capace di conciliare situazioni che parevano opposte. Lo ha voluto con sé, anche quando lo stesso Cadorna insisteva per ritirarsi dalla vita politica per le sue condizioni di salute precaria, riuscendo nell’intento».
Quale fu il pensiero di Cadorna sull’Unità d’Italia e su Garibaldi?
«E’ sempre stato un fautore dell’unità di tutto il territorio, ma riteneva, sulla stessa posizione di Cavour, che le cose dovessero avvenire gradualmente e legalmente. Garibaldi non ha mai avuto relazioni particolari e dirette con Cadorna, ma è risaputo che i due non si stimassero per i modi di comportarsi completamente differenti. Si può dire che Cadorna mal giudicava l’operato del generale Garibaldi».
Abbiamo parlato della sua intensa attività politica, ma come si può definirne l’uomo?
«Dai documenti che ha lasciato non viene fuori molto della sua vita privata. Si percepisce un ritratto molto schivo e con una carica emotiva sempre controllata. Non parlava molto di sé, ma preferiva concentrarsi sul suo affetto per la famiglia, Pallanza e sulle sue malattie che non gli permettevano di svolgere il lavoro nel pieno delle forze. Nonostante ciò lavorava parecchio, anche fino a tarda notte, ed era sempre rimasto disponibile verso le fasce più deboli. Oltre a questo, il suo essere conciliante gli permetteva di mantenere dei rapporti cordiali con tutti quelli che lo conoscevano».