Aggiornato al 27 Luglio 2024

Quando nacque “l’Ossolanità”

Penso che il pacato, sottile e per certi versi intrigante articolo di Roberto Bioglio a pag. 6 dello scorso numero del settimanale su Domodossola offesa su Internet meriti qualche approfondimento. Fatto salvo che l’insulto è sempre un atto di impotenza , di frustrazione e di cattivo gusto , rimane da vedere quale impatto vive chi arriva a Domodossola e in Ossola in generale. Non è una eresia il dire che gli Ossolani non sono farina per ostie , a Domodossola nel dopoguerra è nato un ghetto : la Cappuccina ; negli anni 60 e 70, quando trovare un appartamento in affitto era come vincere un terno al lotto, era possibile leggere “non si affitta ai meridionali”; sarebbe bello e curioso leggere le esperienze di chi si è arrivato e trovato per la prima volta in Ossola. Oggi io sono orgoglioso di essere un cittadino domese , mi piace la terra d’Ossola ma quando ci arrivai nel 1975 mi lamentavo di un sacco di cose , ero in disaccordo con molti , il tutto sempre oralmente e , direi, civilmente ; fino a che mi decisi di mettere per iscritto le mie lamentazioni bibliche apparse il 30 aprile 1988 sul settimanale il popolo dell’Ossola. Eccone un piccolo stralcio” Ebbi l’impressione di essere arrivato nell’ultima Thule, in un territorio geloso della propria realtà periferica; abitanti timorosi del nuovo , di ciò che potesse fare rumore, che potesse svelare agli altri la propria esistenza ; una esagerata modestia nel mettere in luce e in mostra le proprie qualità e i propri meriti reali, una convinta e pervicace volontà di vivere nel proprio “particulare” , mettendo confini a difesa del privato , rifiutando a priori uno scontro dialettico con chicchessia . “ Direi una forma di protesta che non è stata cancellata dai media. Il tutto per dire che è possibile avanzare delle critiche senza arrivare agli inutili insulti.

Ed ecco l’articolo integrale dell’epoca:

Dal Popolo dell’Ossola di sabato 30 aprile 1988

Il Mondo non finisce a Gravellona Toce.

Pur abitando un tempo in un ridente paesino del Biellese a non più di 100 km dal capoluogo ossolano, confesso di aver saputo fino a vent’anni fa dell’esistenza di Domodossola solo per la scontata formula D come Domodossola, titolo fra l’altro di una recente fortunata pubblicazione. Nel 1965 venni al Collegio Rosmini per ultimare gli studi liceali e di quei due anni ricordo solo le strutture rosminiane e la stazione internazionale. Ho vissuto poi per quasi un decennio nella metropoli piemontese per approdare il Ossola nel 1975 ; da qui inizia il mio incontro con l’”Ossolanità”.Ebbi l’impressione di essere arrivato nell’ultima Thule, in un territorio geloso della propria realtà periferica; abitanti timorosi del nuovo , di ciò che potesse fare rumore, che potesse svelare agli altri la propria esistenza ; una esagerata modestia nel mettere in luce e in mostra le proprie qualità e i propri meriti reali, una convinta e pervicace volontà di vivere nel proprio “particulare” , mettendo confini a difesa del privato , rifiutando a priori uno scontro dialettico con chicchessia . Pur senza delle controprove oggettive, a livello epidermico avvertivo in senso lato una “povertà” culturale diffusa con forti squilibri a seconda delle fasce interessate. Non mi aspettavo certo di trovare in Ossola i fermenti di Torino dove, tra l’altro, avevo visto il 68 , ma contavo di imbattermi almeno in un territorio e in degli abitanti , se non cosmopoliti, almeno disponibili all’esperienza esterna e non eccessivamente campanilistici e refrattari alle novità. Mi lasciarono perplesso le cinque comunità montane, difese dalle singole valle per paura di perdere la propria identità; non capivo la presenza di tre aziende autonome di turismo e soggiorno con il comune capofila Domodossola sguarnito. Fra le altre cose proposi ad un assessore alla cultura delle serate con lettura e commento di canti della Divina Commedia , ( operazione ultimata per radio e in corso su Rai tre ogni giorno dal lunedì al venerdì alle ore 20) e fui preso in giro per lunga pezza. Non migliore considerazione ebbe la mia proposta di serate di varia cultura del tipo i venerdì letterari di Torino. In compenso mi innamorai del territorio per le sue bellezze naturali; mi lasciò stupito l’alta valle Formazza, visitai luoghi celebri e meno celebri e non potei fare a meno di operare dei confronti con la Valsesia e, soprattutto, con la valle d’Aosta. Venne pertanto alla luce una incapacità di “vendere” turisticamente in blocco l’intera Ossola. Ancora peggiore la situazione del turismo invernale con un solo polo trainante: Macugnaga in valle Anzasca , che però a malincuore sopporta di fare parte dell’Ossola. E mentre noi non riusciamo a mettere in piedi uno ski-pass unico , altre zone, invero più fortunate morfologicamente , si collegano con gli impianti per offrire comprensori turistici sempre più “totali”. Ma torniamo alla cultura; nella scuola ho avuto la fortuna di trovare qualche collega illuminato e insieme abbiamo tentato di aprire i cancelli della scuola al mondo esterno; ci sentiamo sempre rispondere di no; sull’onda del Nicolinismo anche l’Ossola conobbe poi assessori promotori di cultura; ma non ci fu mai ( e non esiste ancora) una politica culturale unitaria che eviti o limiti gli interventi a pioggia. Vediamo ora perché , secondo me, gli ossolani sono gelosi delle proprie prerogative e timorosi di confronto con l’esterno. Tutto quello che capita di culturale in Ossola o è gestito “in toto” dagli ossolani o vi è solo l’intervento dell’esperto esterno; quando in occasione dell’arrivo della Sat a Domodossola proposi al coro locale Domese di eseguire due-tre pezzi a mo’ di saluto in apertura di serata, mi guardarono come se stessi delirando; non si riesce a varare un cartellone teatrale misto con compagnie locali intervallate con quelle nazionali. Non vi sono conferenze, dibattiti dove accanto al grande nome ci sia la relazione di un nostro esperto locale. Ritengo che sia indispensabile la volontà di confrontarsi , non per vedere chi è più bravo, ma per uno scambio di esperienze; per confrontarsi però occorre anche conoscere le altre realtà vicine e lontane rispetto all’Ossola ,senza pensare che il mondo finisca a Gravellona Toce o dove si posero i confini della Repubblica dell’Ossola. Per chiudere definirei gli ossolani dei conservatori per natura, sospettosi e diffidenti, alieni dal gettarsi in imprese di avanguardia, pronti ad essere al traino di altre esperienze che abbiano avuto esito positivo senza per questo dire che non abbiano altre pregevoli qualità. Questo mio pezzo vuole essere un contributo per discutere sul tema dell’Ossolanità che per fortuna contiene molti elementi positivi. Non direi po che discutere di Ossolanità sia ozioso e spero che molti desiderino dire la loro per smentire, se non altro, che in Ossola si teme il confronto e ci si appassiona solo ai pettegolezzi. Infine esiste in Ossola una vastissima gamma di presenze umane che permette i più articolati giudizi e le più attente disamine.

Antonio Lista

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