Il mondo del cinema, dell’arte e la valle Anzasca piangono l’attore Bruno Zanin, il Titta di Amarcord, scomparso nella notte tra sabato e domenica all’età di 73 anni dopo una breve malattia. Nativo di Vigonovo, in Veneto, classe 1951, Zanin esordì quasi per caso nel mondo del cinema in “Amarcord”, dove venne scritturato durante un provino a Cinecittà da Federico Fellini alla ricerca del protagonista della sua pellicola forse più celebre. Dopo la gloria raggiunta, il premio Oscar del 1975 al film come migliore opera straniera, Zanin diventerà attore recitando in varie pellicole anche importanti e in diversi allestimenti teatrali. Nel suo curriculum vantava ruoli con alcuni dei più grandi registi italiani degli anni ’70 e ’80: Romolo Guerrieri, Giuliano Montaldo, Giuseppe Ferrari e Marco Tullio Giordana. Anche nel teatro ebbe esperienze con i più grandi registi dell’epoca come Marco Sciaccaluga, Giorgio Strehler, Jean-Luouis Barrault, quest’ultimo conosciuto in una tournée in Francia. Durante la parentesi francese conobbe la sua prima moglie, da cui ebbe due figli: Francesco e Fiorenzo. Bruno all’inizio degli anni ’90 decise di abbandonare il mondo del cinema e cominciò a lavorare come operatore umanitario e giornalista per Radio Vaticana durante la guerra in Bosnia. Una parentesi della sua vita raccontata in un articolo reportage che venne pubblicato sul “Corriere della Sera”; pubblicò anche reportage per “Famiglia Cristiana” e “Der Spiegel”. Per un certo periodo collaborò anche con Radio Due. Negli anni successivi la decisione di trasferirsi a vivere in valle Anzasca, a Vanzone con San Carlo; qui cominciò la sua terza vita delle tante che ha vissuto: quella di scrittore. Nel 2007 diede alle stampe il romanzo “Nessuno dovrà saperlo”, in parte autobiografico. La famiglia ha deciso che non ci sarà una una cerimonia pubblica per ricordarlo e come da sua espressa volontà il corpo verrà cremato e le ceneri disperse nello stesso luogo dove un suo caro amico disperse i propri resti. Spiegano i figli: «Ci ha detto così: “Quand’ero giovane, il mio primo vero grande viaggio l’ho fatto con lui in autostop. Allora, vorrei tanto fare pure il mio ultimo grande viaggio con lui”. Per chi volesse ricordare papà non servono carte di condoglianze, mazzi di fiori o altre corone, ma una donazione a “Save The Children Italia”».