«La linea nell’udienza di convalida di domani confermerà quasi in toto quanto dichiarato dal procuratore ma con qualche discrepanza. Quello che è certo è che il mio assistito è molto provato, si rifugia nella fede e non è una frase strumentale, chiunque lo conosca sa che è una persona molto credente». Così l’avvocato di Gabriele Tadini, che nei giorni scorsi aveva confessato di aver lasciato il forchettone nell’impianto frenante della funivia del Mottarone per evitare blocchi alla cabinovia. Per il capo operativo della funivia Tadini, Marcello Perillo, avvocato di fiducia lecchese che si occupa da tempo di casi complessi spesso sotto i riflettori, chiederà che vengano meno le esigenze cautelari del pericolo di fuga, dell’inquinamento delle prove e della reiterazione del reato, che lo trattengono in carcere: «Non può sentire i famigliari, la sua situazione è davvero difficile, si rifugia nella fede ma non ci sono ragioni di trattenerlo in cella». Dopo averlo incontrato mercoledì, l’avvocato sostiene che lo stato di salute del suo assistito sia peggiorato e alle accuse mosse all’indomani delle prime dichiarazioni per cui Tadini avrebbe trovato il modo di far viaggiare la funivia nonostante le anomalie che la bloccavano, per ragioni economiche, dice: «Non scherziamo. Tadini non pensava assolutamente a questo. Voleva solo evitare i continui blocchi a metà corsa, non immaginava certo un epilogo simile e non aveva motivo di pensare a un suo tornaconto in tal senso; è solo un dipendente. Riavviando continuamente la funivia non si sarebbero certo fatte un numero di corse tanto superiori a quelle con l’inserimento del forchettone, era questione di pochi minuti». Alle ipotesi di reato (attentato colposo, alla sicurezza dei trasporti, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose per il bambino di 5 anni ricoverato all’ospedale infantile di Torino, unico sopravvissuto, e disastro colposo) si aggiunge l’ipotesi di falso perché Tadini avrebbe scritto nel registro che la cabinovia non presentava anomalie. «Confermo anche questa ipotesi di reato – spiega l’avvocato – ma al momento siamo concentrati sul resto». Oggi la Procura di Verbania si interroga anche sulla tipologia di omicidio: colposo o volontario? Nel secondo caso crescono le eventuali pene legate alla condanna (fino a 21 anni) ma nel primo caso, colposo, le famiglie avrebbero maggiori garanzie di essere risarcite dato che le assicurazioni “coprono” questo tipo di eventi. Intanto gli avvocati degli altri due fermati rispediscono le accuse al mittente, sostenendo che i propri assistiti non erano a conoscenza del fatto del forchettone. Si tratta di Luigi Nerini (56enne di Baveno) proprietario di “Ferrovie Mottarone”, società che gestisce la cabinovia, difeso dall’avvocato Pasquale Pantano, ed Enrico Perocchio, dipendente della Leitner, il colosso con sede a Vipiteno che produce e si occupa di manutenzione degli impianti, difeso da Andrea Del Prato.